L’estate 2015 è meteorologicamente finita il 31 Agosto
scorso e finirà astronomicamente il prossimo 23 Settembre alle 10.20 ora locale
(che fa figo dirlo) o 8.20 UTC (Universal Time Coordinated, che fa mooolto più
figo). Quella termica durerà ancora un po’ più a lungo, forse fino alla seconda
metà di Ottobre, guardando quello che è successo negli ultimi anni. I siti
meteo pur di farsi cliccare annunciano la fine dell’estate già da giugno, ma
ovviamente sono burle, almeno per noi qui a sud. Meteorologicamente parlando,
una giornata si definisce estiva se la massima raggiunge i 25 °C: giudicate da
soli quando finisce l’estate in Sicilia…
Ma andiamo a noi. Questo splendido clima che benedice la
nostra terra, consente di godere di attività outdoor praticamente sempre. Tra
queste, la prediletta è andare al mare. Già a Febbraio vedi che alla prima
domenica di sole più tiepido sono tutti impalati sulla spiaggia, come il pesce
a seccare, per potere vantare a colleghi, parenti e amici cosiddetti “sfigati”
l’abbronzatura precoce.
Questo rito si protrae per mesi. In spiaggia vedi migliaia
di corpi tra il sudato e l’unto, tra la panatura di sabbia e il pareo
incollato, pur di “prendere colore”. Un’ossessione!
E dire che prima era un segno negativo (le persone che
lavoravano all’aperto e quindi le più umili erano abbronzate)… Poi è diventato
un segno di salute (vitamina D a profusione)… Oggi è di cattivo auspicio (aumenta
la possibilità di sviluppare melanomi). Corsi e ricorsi…
E, va detto, di questa frenesia abbronzativa sono vittime più
le femmine che i maschi. Di loro parliamo oggi.
Tu le vedi già a Febbraio, appunto, perfettamente orientate
verso la direzione di massimo irraggiamento – dovrebbero usarle per posizionare
i pannelli fotovoltaici – dotate di sedici tipi diversi di creme, unguenti,
spruzzatori, acque solari. Tutte ovviamente contenenti sostanze potenzialmente
molto pericolose, ma pur di fottere l’amica (“amica”!!) nella gradazione di
marrone da sfoggiare all’aperitivo serale, si fa di tutto. Lecito e illecito.
E sì, perché visto che sono “amiche” saranno vestite
entrambe di bianco (fa risaltare l’abbronzatura), con accessori turchese (con
l’abbronzatura stanno bene), pochette e scarpe rigorosamente con zeppa di
paglia (alta almeno 12 centimetri per superare il metro e settanta), di quelle
che dopo che le hai messe tre volte si inzuppano di sudore e puzzano come una cripta
etrusca. Identiche in tutto… Ma, pensano entrambe: “…la devo fottere
sull’abbronzatura, minchia se la devo fottere ‘sta…”.
E qui si introduce una importantissima variabile rispetto
alle ore di esposizione al sole e cioè la superficie esposta. Ovvero, quella
NON esposta.
Il costume è rigorosamente a due pezzi. Non importa se sei
obesa di quarto grado. L’abbronzatura è l’abbronzatura! Ma non basta. Alcune
volte (de)cade anche il pezzo di sopra, con risultati diciamo discutibili.
Offendetevi pure, ma un essere umano di sesso femminile (che non è una donna né
una signora ma una femmina, secondo la biologia e la Bibbia) che dispone di
tette ombelicali, il topless dovrebbe limitarsi a guardarlo (preferite usare il
verbo “contemplare”?) su Belen Rodriguez. Anche perché, peraltro, la parte di
pancia coperta dalle zizze cascanti non si abbronza. E quando si muovono, la
parte bianchiccia e sudata sotto il seno budinoso le rende ancora più terribili
da guardare. Ne sono, ahimè, testimone.
Anche gli esseri umani di sesso maschile (che non sono né
uomini né signori ma maschi, secondo la biologia e la Bibbia) dovrebbero badare
al loro “top” e una buona parte di loro dovrebbe certamente indossare un
reggiseno. Di loro parlerò in seguito ma lì sì che si riderebbe. Spero che
qualche stilista mi stia ascoltando.
Torniamo però alle femmine. Più spesso, ho notato quest’anno,
la moda di scoprire il sedere fino ai limiti del codice penale. Il dispositivo
per fare questo si chiama (mi hanno detto) costume brasiliano. Consiste in una
mutanda (questo è) che teoricamente dovrebbe coprire il 40-60% della chiappa e
lasciare scoperta la parte soda, tonica e liscia, vedi figura.
No, perché pare che nelle
“istruzioni” per l’uso sia scritto così, e a Copa Cabana lo usano tutte o quasi
in questo modo. Il fatto è che nelle nostre spiagge vedi mandrie di ragazzette
dai tredici anni in su, che indossano questo brandellino di lycra che però
copre a malapena il 20% del sedere, lasciando a vista qualcosa che non è né
sodo, né tonico, né liscio. Ad ogni passo, un’onda lipidica parte dalla
caviglia per raggiungere il collo soffermandosi a lungo sul sedere. Anzi, siamo
più diretti e meno politically correct: quelli sono proprio culi. Culacci,
anzi.
Direte: saranno anche loro libere di mettersi quello che
vogliono!
Rispondo: sarò anche io libero di osservarle disgustato!
Poi capisci il perché di tutto questo: nel gruppo di sei
femmine in cerca di maschi ne vedi una, la capostipite, la meno lontana da Belen,
l’unica che potrebbe permettersi di indossarlo, quel costume. Magari doveva
prenderlo una misura più grande (facciamo due), perché non è proprio una 40, ma
almeno il resto lo salviamo. E la verità affiora quindi da sola: lei, Primo
Motore Immobile, e le altre cinque ingombranti e flaccidi pianeti che ne
imitano movenze e vestiario, unica speranza per cuccare. E mentre passano le
senti:
- Con questo costume quest’anno mi sto prendendo
un’abbronzatuuuura…
Sì, mia cara, ma solo quella però. Perché un maschio non
credo lo ‘acchiapperai’ mai. E scusate il gioco di parole…
PS
Per le femministe irriducibili: scriverò un post anche sui
maschi, non è necessario preparare una manifestazione davanti al mio cancello.
Meglio prevenire che curare.
Per tutti, tornerò ovviamente sull’argomento mare. Molte
molte volte…
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