Breve riassunto (o leggete poco sotto la prima parte).
Roberto & C. decidono di avventurarsi in una media pizzeria senza aver
prenotato prima. Incontrano un maître
molto sotto la media che cerca di mandarli via. Ma alla fine, chi la dura la
vince, si siedono.
A questo punto, i camerieri che prima latravano
“permessooo!” dove a ogni “o” in più corrispondevano 3 o 4 mmHg in più di
pressione arteriosa sistolica per me, ci guardano un po’ sorpresi (ce l’hanno
fatta?), un po’ disturbati (se tutti arrivano e si siedono quando vogliono…),
un po’ imbarazzati (prima erano in mezzo ai piedi ora dobbiamo servirli?).
È però loro il compito di portare il menu (il maître non può mica fare
questo lavoro da schiavi!). Ne vediamo una pila sullo sparecchiatavola a fianco
a noi… 21.35, 21.40. Mi alzo e me lo prendo da solo. Il locale sempre vuoto,
ovviamente. Sull’appiccicosità del menu e il livello di igiene dei nostri
locali pubblici parlerò in altro momento, per ora mi focalizzo sul maître che si materializza
dieci secondi dopo il tentativo (riuscito) di autogestione del tavolo.
Parte la frase standard…
- Pronti?
…e la risposta standard
- Ancora qualche istante
Decidiamo. Dovremmo ordinare. Vorremmo ordinare. Sono quasi
le dieci ormai. Non avevamo deciso cosa fare, ma di certo niente cinema poi.
Primo cenno, lui (che non sta facendo nulla) fa segno che sta per arrivare.
Secondo cenno, lui sorride, fingendosi impegnato a portare un conto. Ok, me la
devi fare pagare che ti ho mandato via la prima volta? Chiamo un cameriere:
- Possiamo ordinare?
- eh… sì, un attimo che vi mando il maître
Aridaje con ‘sto maître.
Mi ero dimenticato dei gradi e che il tablet del potere lo detiene solo uno.
Finalmente arriva. Ordiniamo. Ovviamente dobbiamo ripetere
tre volte che gli antipasti sono solo due, le coche tre di cui una zero (la
mia), un’acqua grande frizzante. Arriva un solo antipasto, tre coche classiche,
l’acqua è naturale, ma me ne accorgo quando è troppo tardi e cioè dopo averla
bevuta. Pazienza. Ogni acqua leva sete, dice un proverbio siciliano, e anche
soldi dalle tasche se comprata in un ristorante, aggiungo io.
Vorrei una pizza capricciosa, ma prevede l’uovo sodo. Non ho
nulla contro le uova. E nemmeno contro le uova sode. Ma nella pizza che
c’entrano? Come pure: che c’entrano le patatine sopra la pizza, magari pure con
la ketchup? Orrore. Mi direte: ognuno mangia come vuole. Vero. Ma aspettatevi
tanti post feroci su questo tema. Rideremo. Io di certo.
Guardo questo capitano (ma forse meno che caporale) dei
camerieri che nel frattempo aveva perso un bottone della camicia, subito sopra
la cinta, e gli dico:
- Potrei avere una capricciosa senza uova?
Timido, uso il condizionale, voce bassa, sorriso
propiziatorio… Risposta:
- Eh… quando non lo mettevamo ce lo chiedevano, ora che ce
lo mettiamo ci dicono di toglierlo… Aspetti… vediamo se riesco a toglierlo da
qui… - dice armeggiando con il tablet che per lui probabilmente è solo “un
coso” – “casomai” lo dico a voce al pizzaiolo
Casomai!? Casomai!? Ma casomai non ti pagassi il conto? Ma
scommettiamo che mi stai facendo il cazziatone perché non sai armeggiare con la
“smart pen” sul tuo “touch screen” perché la “app” è stata impostata male? Scelgo
la via morbida:
- No… è perché proprio l’uovo non mi piace sulla pizza
- Fatto, fatto… - dice molto convinto lui. Meno io che lui
abbia avuto successo. Se ne va.
Arrivano finalmente le pizze, sono più le undici che le
dieci, che nemmeno il pranzo di cresima di mio cugino è durato così tanto. La
mia ovviamente è con l’uovo sodo: ma avevo dubbi?
Guardo il cameriere con
pietà, il maître si
avvicina capendo che qualcosa non va:
Frase standard.
- Tutto a posto?
Sì, siamo solo qui che volevamo chiacchierare un po’ col
cameriere mentre ha i piatti in mano e rischia l’ustione…
- La mia pizza… l’uovo…
- La sua era senza uovo?
Ma come!? Hai sferragliato col tablet, hai detto che avresti
anche parlato col pizzaiolo, il locale (tiè) è rimasto vuoto e siamo solo due o
tre che stiamo mangiando… cos’è: demenza precoce o fai il paraculo?
- Gliela faccio rifare – dice ipocrita e falso
- No, no, va bene, il cibo non si butta, c’è chi non ne ha
[DA RICORDARE SEMPRE]
Apro le posate e invito il cameriere a poggiare il piatto.
Una zaffata di uovo sodo, stracotto e forse anche un po’ vecchio mi riempie il
naso. Lo scosto con la forchetta.
Cerco qualcuno dei miei con cui incazzarmi per la scelta del
locale. Poi mi blocco: l’ho scelto io.
<segue conclusione>
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